La Formula 1 rivive il dramma della scomparsa in pista dopo un incidente: anni dopo, lo sconforto e il dolore sono gli stessi.
Tutti gli appassionati di Formula 1 e, più in generale, dei motori e dello sport, ricordano ancora nitidamente l’episodio più triste degli ultimi 30 anni di corse: la scomparsa di Ayrton Senna nel 1994. L’incubo, però, è stato rivissuto e non ha, purtroppo, avuto un epilogo migliore.
Esattamente vent’anni dopo, nel 2014, un’altra gara di Formula 1 è stata segnata da un terribile lutto che ha scosso l’intero panorama dei motori e, sostanzialmente, tutta la sfera sportiva nel mondo. Un dramma che, ad 8 anni di distanza, è difficilmente superabile e come per Senna rimarrà impresso, tristemente, nella memoria collettiva degli appassionati.
Formula 1, la scomparsa di Jules Bianchi
Durante il Gran Premio del Giappone del 2014, Jules Bianchi uscì violentemente di pista andando a schiantarsi contro una gru mobile. Le condizioni climatiche, la pioggia che da tempo scendeva incessante sulla pista, hanno reso inevitabile la tragedia. Il macchinario, fermo in quella zona per dare soccorso alla Sauber di Sutil, uscita esattamente un giro prima, è stato fatale al pilota.
Finito il GP, ci furono aspre critiche da parte dei piloti nei confronti della direzione gara. Felipe Massa pose al centro del dibattito la sicurezza di questa e la sua gestione, affermando che da diversi giri stava chiamando all’attenzione il box, lamentando di non vedere più con chiarezza la pista.
Sutil, testimone diretto, aggiunse d’essere stato spettatore, in prima fila, della tragedia. Senza scendere nel dettaglio per rispetto verso il ragazzo, il pilota della Sauber fece però presente come l’incidente di Bianchi fosse l’esatta fotocopia della sua uscita di pista, avvenuta un solo giro prima, con delle condizioni climatiche insidiose che ogni pilota aveva fato presente al proprio box.
Nel luglio dell’anno successivo, Bianchi morì dopo 8 mesi di coma e, ad oggi, resta solo un doloroso e tristissimo ricordo di un ragazzo spentosi a soli venticinque anni mentre faceva ciò che amava e lo appassionava: correre in pista.